I ritratti di Raffaello: Guidobaldo da Montefeltro, La Velata, Agnolo Doni

Raffaello Sanzio è indubbiamente uno dei geni indiscussi del Rinascimento: fu un pittore dal talento straordinario, un architetto innovativo e un protettore delle arti antiche, arrivando perfino a guadagnarsi la carica di prefetto dell’antichità su carica pontificia. 

Per questi motivi, il Gruppo Menarini ha voluto dedicargli una monografia a cura della storica dell’arte italiana Cristina Acidini, per la storica collana dei Volumi d’Arte Menarini. Tre video del progetto Menarini Pills of Art vi condurranno alla scoperta di alcuni dei ritratti più celebri di questo incredibile artista rinascimentale. 

 

Ritratto di Guidobaldo da Montefeltro

La storica dell’arte Cristina Acidini, autrice del recente Volume d’Arte Menarini su Raffaello, ci conduce alla scoperta del ritratto di Guidobaldo da Montefeltro, un’opera la cui attribuzione a Raffaello è stata incerta per molto tempo.

Il ritratto raffigura Guidobaldo da Montefeltro, ultimo discendente della dinastia dei Montefeltro e Duca di Urbino, città natale di Raffaello. Il padre di Raffaello, Giovanni Santi, era stato poeta e pittore presso la corte urbinate, e Raffaello stesso non perse mai i contatti con i Duchi di Urbino, nonostante la sua brillante carriera l’avesse portato a viaggiare a Perugia, Firenze, Siena e Roma. Raffaello realizzò il dipinto intorno al 1506 insieme al ritratto di Elisabetta Gonzaga, col quale forma una sorta di dittico, durante un soggiorno nella sua città d’origine. 

Il dipinto, realizzato in olio su tavola, è conservato alla Galleria degli Uffizi e giunse a Firenze nel 1631 come parte della dote di Vittoria della Rovere, che andò in sposa al Granduca Ferdinando II de’ Medici.  

Il giovane duca trentenne è rappresentato a mezza figura in una posa frontale e austera, quasi ieratica, per trasmettere la gravitas della nobile casata. Austero ed elegante è anche l’abbigliamento di Guidobaldo, quasi interamente nero, che fa risaltare il volto pallido e dai tratti regolari: il duca indossa una berretta di panno nero, un giuppone nero chiuso al collo e un robone in velluto nero dalle maniche ampie, anch’esso nero, ma impreziosito da una trama a scacchi dorati, che rappresenta un’allusione araldica ai colori della casata Montefeltro.

Una finestra aperta alle spalle del duca Guidobaldo si affaccia su un paesaggio bucolico che rimanda alle colline umbre, con casolari, covoni di fieno, boschi, un laghetto e una strada che guida l’occhio fino alla città murata sullo sfondo. 

 

Ritratto di donna detta “La Velata”

A svelarci le meraviglie della “Velata” di Raffaello è l’esperto di arte fiorentina Giovanni Matteo Guidetti. Questo dipinto, che prende il suo nome dal velo indossato dalla giovane donna in esso raffigurata, è stato realizzato tra il 1512 e il 1515 in olio su tela ed è considerato uno dei capolavori assoluti dell’arte ritrattistica di Raffaello.

Una dama è ritratta a mezza figura su uno sfondo scuro. La collana e il pendente di pietre preziose che termina con una perla simboleggiano l’alto status sociale della donna. Inoltre, il raffinato pendente fa pensare ad un regalo di fidanzamento e di matrimonio e mette in risalto il ricciolo scuro che è sfuggito dall’acconciatura ordinata della giovane dama. 

Ma il dipinto è soprattutto dominato dal suo magnifico abito, in cui la seta bianca marezzata della manica rigonfia crea giochi di luce e riflessi di incredibile armonia cromatica con i ricami dorati, al punto che lo storico dell’arte Ettore Camesasca dichiarò che il dipinto sembra essere “il ritratto di una manica”.

Il Vasari ipotizzò che la giovane donna ritratta fosse Margherita Luti, anche detta “La Fornarina”, amata da Raffaello e rappresentata anche in altre sue opere. Tuttavia, l’elegante ricchezza degli abiti e dei monili indossati dalla dama e, soprattutto, la presenza del velo che dà il titolo al quadro, fanno pensare che il soggetto fosse un’anonima nobildonna sposata: il velo infatti era prerogativa delle donne sposate e con figli. 

 

Ritratto di Agnolo Doni

L’esperto di arte fiorentina Bernardo Randelli ci illustra i dettagli di una delle opere più celebri di Raffaello: il ritratto di Agnolo Doni, mercante di stoffe e collezionista d’arte, che ingaggiò il pittore per ritrarre lui e sua moglie, Maddalena Strozzi, in una sorta di dittico concettuale.

Sebbene sia raffigurato girato di tre quarti, lo sguardo di Agnolo Doni è rivolto verso lo spettatore: i suoi occhi sono fieri e sereni al tempo stesso, denotando la naturale calma del suo carattere. Numerosi dettagli simboleggiano il suo status sociale di ricco mercante borghese: gli anelli alle mani, il corsetto di velluto nero e l’elegante camicia bianca che spunta sotto di esso, la veste dalle larghe maniche di stoffa rossa che aggiunge una vampata di colore alla composizione, e che andrà a bilanciarsi con le maniche blu del ritratto di Maddalena Strozzi.

Il volto del protagonista, tuttavia, resta il centro del dipinto. La sua postura elegante e rilassata sembra essere accompagnata dal paesaggio sullo sfondo, con colline che declinano dolcemente da sinistra verso destra seguendo la linea delle sue spalle. Le due nuvole ai lati di Agnolo Doni vanno a riempire gli spazi vuoti nel cielo, donando alla composizione un equilibrio che assume una natura simbolica, riflettendo l’equilibrio interiore del protagonista.

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