Una vita nell’olimpo del basket: ritratto di Luis Scola
Mancano 51 secondi alla fine di Argentina-Australia, quarto di finale dell’Olimpiade di Tokyo, quando il palazzetto di Saitama congela il tempo per un istante molto intenso. La partita si ferma, si fermano anche i compagni, gli avversari e gli arbitri: è il momento di salutare Luis Alberto Scola Balvoa, che a 40 anni, dopo aver preso parte al numero record di 5 Olimpiadi, dice addio alla nazionale.
In una terra come l’Argentina, in cui lo sport è religione ma che mette il calcio davanti ad ogni disciplina, il giovane Luis Scola si innamora presto della palla a spicchi. Muove i primi passi nel club Ferro Carril Oeste di Buenos Aires per poi approdare giovanissimo alla squadra che lo lancerà nel grande basket internazionale: il Tau Vitoria, successivamente denominato Baskonia.
Nove anni ad altissimo livello, in cui è stato capace di esprimere costantemente il suo fulgido talento, di giocare con lealtà ed incarnare i valori del fair play in un campionato molto competitivo come quello spagnolo.
A Vitoria, ha conquistato il titolo nazionale e ha giocato tre Final Four di EuroLeague consecutive, più una serie finale di coppa europea che risale al 2001, quando a vincere fu la Virtus Bologna allenata da un altro ambasciatore del Fair Play, Ettore Messina.
La consacrazione definitiva arriva ad Atene nel 2004. Alle Olimpiadi in Grecia la sua Argentina compie un’impresa sensazionale, elimina il ‘dream team’ americano, vince la finale con l’Italia e alza al cielo la medaglia d’oro.
Nell’atto conclusivo della rassegna a cinque cerchi, Luis Scola si carica la squadra sulle spalle, realizza 25 punti personali e fa vedere al mondo tutte quelle doti di leadership che gli valgono il soprannome di ‘El General’.
“La vittoria olimpica è stata una situazione particolare – ha spiegato Scola quando è stato interpellato su quell’impresa storica – L’Argentina ha avuto una generazione di giocatori che è diventata forte, grintosa ed è arrivata al top proprio nel 2004.”
In nazionale Scola ha espresso quelle caratteristiche di combattività che in sostanza gli hanno consentito di calcare i parquet più importanti del basket e ottenere riconoscimenti soprattutto dagli avversari. Nel 2016, a coronamento di un percorso sportivo eccezionale, è stato insignito del ruolo di portabandiera argentino ai giochi olimpici di Rio de Janeiro.
Nel corso della sua carriera si registrano tanti altri successi, ma il modo in cui ha inteso la sua vita professionale merita grande attenzione, perché attraverso comportamenti improntati al rispetto delle regole è diventato un campione ammirato da tutti.
Dopo aver militato 7 anni in NBA, la lega cestistica più prestigiosa del mondo, si è rimesso in discussione andando a giocare prima in Cina e poi in Italia. Due avventure che hanno completato un palmarès già ricco di trofei individuali e collettivi.
In Italia è iniziato il suo nuovo percorso dirigenziale con la Pallacanestro Varese. Lì si è rimesso in gioco con una nuova veste e oggi ricopre un ruolo manageriale, in cui può trasmettere ai giovani tutto il suo enorme bagaglio di esperienza.
“Sono molto felice di essere qui, è importante ricevere un premio così, insieme a tanti altri campioni – ha commentato il fenomeno sudamericano sul palco del XXVII Premio Internazionale Fair Play Menarini, per poi aggiungere – Mi trovo molto bene in Italia. Ero arrivato per fare una breve esperienza come giocatore e poi sono rimasto affascinato dal paese e con la mia famiglia abbiamo deciso di fermarci”.
Il 4 novembre 2023, prima del match di Eurolega fra Baskonia e Partizan Belgrado, il club basco ha ritirato per sempre la maglia numero 4 vestita per 7 anni da Luis Scola. Un segmento di vita molto intenso, che ha consentito al giocatore argentino di giocare in NBA ed entrare per sempre nel cuore dei tifosi.
D’ora in poi la maglia di Luis Scola sarà collocata sul soffitto della Fernando Buesa Arena, un privilegio riservato solo agli immortali dello sport.