Fondazione Internazionale Menarini e NASA: un convegno multidisciplinare per affrontare le nuove frontiere della medicina spaziale

A settembre 2023 si è tenuto a Firenze il convegno ‘Costruire una civiltà nello spazio‘ organizzato dalla Fondazione Internazionale Menarini insieme a NASA, Sovaris Aerospace e The Foundation for Gender-Specific Medicine.

Medici, astronauti, ingegneri, astronomi, storici, fisici ed esperti di etica si sono riuniti per una tre giorni unica nel suo genere, in cui il confronto multidisciplinare è servito per affrontare le ultime novità della ricerca spaziale medico scientifica e le sue possibili applicazioni terrestri.

Una serie di fattori possibili e legati alla contemporaneità come il cambiamento climatico, l’esaurimento di importanti materie prime, la collisione con altri corpi celesti, l’invasione di agenti infettivi per i quali non abbiamo difesa e, in ultima analisi, il collasso del Sole stesso, impongono di immaginare il futuro sempre più lontano dal pianeta Terra

Prepararsi a questo cambiamento è un passaggio fondamentale dal punto di vista medico, scientifico, etico e politico. Prima di tutto però diventa necessario comprendere cosa significhi vivere per un breve periodo nello spazio, perché questa permanenza comporta dei rischi per la salute, accelera l’invecchiamento e comporta dei cambiamenti che normalmente si verificano in 10-20 anni di vita sulla terra, con effetti deleteri soprattutto su occhi, cuore, Dna e metabolismo.

I disturbi che colpiscono gli astronauti al ritorno dallo spazio sono delicati, ma al contempo forniscono indicazioni utili per prevenire e curare l’invecchiamento sulla Terra. La buona notizia è che la medicina spaziale sta fornendo nuovi strumenti di precisione attraverso la personalizzazione di farmaci, programmi di attività fisica e dieta in base al profilo molecolare del singolo individuo.

Roberto Vittori, astronauta italiano dell’Agenzia Spaziale Europea presente al convegno di Firenze, ha spiegato come gli effetti subiti dal corpo umano dopo la permanenza nello spazio, abbiano in realtà un risvolto positivo nell’ambito della ricerca.

«La microgravità sperimentata a bordo impone al corpo umano effetti negativi che possono essere paragonati a un processo di invecchiamento anticipato e accelerato. Se ciò può sembrare dannoso, in realtà rappresenta un’opportunità unica per la ricerca medica e la scienza. Infatti, la simulazione di invecchiamento rapido a cui sono sottoposti gli astronauti a bordo, al loro ritorno sulla Terra, può essere invertita e analizzata in profondità. Inoltre, in microgravità il cervello deve adattare i suoi meccanismi di elaborazione delle informazioni, offrendo preziose indicazioni sulle capacità cognitive umane e aprendo così la strada a future generazioni di esploratori anche civili».

Non solo: sono allo studio, spiega ancora la Fondazione Menarini, anche programmi di intelligenza artificiale capaci di anticipare i tempi e diagnosticare malattie prima ancora della comparsa dei sintomi, biopsie liquide che con un solo prelievo di sangue riconoscono le ‘spie’ di diversi tipi di tumore, gemelli digitali con cui prevedere l’evoluzione delle malattie e nuovi sistemi di telemedicina per intervenire a distanza.

Il convegno, che ha toccato molteplici argomenti, ha posto l’attenzione anche su un tema non secondario come quello della salute mentale delle persone che nei prossimi decenni vivranno e lavoreranno in orbita o in basi permanenti sulla superficie lunare. 

La ricercatrice psicologa della NASA, Bettina Beard, ha raccontato quale potrebbe essere lo scenario in cui molte persone si troverebbero a operare nello spazio. «Per proteggersi dalle radiazioni, dalla polvere lunare e dai meteoriti, dovranno vivere in rifugi sigillati, isolati da amici e familiari che resteranno sulla Terra». Per questo «è necessario che si forniscano programmi di formazione che possano aiutare a sviluppare resilienza e capacità di comunicazione interpersonale. Queste persone avranno anche bisogno di formazione per imparare a riconoscere i primi segnali di malessere, depressione, perdita di interesse o ansia nei loro colleghi».

Gli esperti al convegno si sono infine confrontati sulle questioni etiche che accompagnano la realizzazione di una nuova civiltà spaziale.

«Per evitare l’estinzione dovremo trovare un nuovo Pianeta da abitare, forse addirittura un nuovo sistema solare», spiega Christopher Mason, docente di fisiologia e biofisica alla Weill Cornell Medicine di New York. «Abbiamo il dovere morale di farlo, essendo l’unica specie consapevole che la vita è a rischio di estinzione. Abbiamo la responsabilità di agire come dei “pastori di vita”, non solo per la nostra specie ma per tutte quelle da cui dipendiamo e per quelle che verranno».

 

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