L’umile cultura del sacrificio del campione di calcio Javier Zanetti

Durante la sessione di calciomercato dell’estate 1995, i media specializzati registrano un’operazione che porta in Italia Sebastian Rambert e Javier Zanetti, due giovani talenti argentini pieni di entusiasmo. 

Il primo è un attaccante soprannominato “Avioncito” ed è anche l’acquisto più atteso dai tifosi dell’Inter, mentre il secondo è un ragazzo di 22 anni che gioca difensore nel Banfield, di cui si sa poco e che di primo acchito non scalda troppo il cuore della curva.

Ben presto però i tifosi impareranno a conoscerlo e ad apprezzare le gesta di uno dei difensori più forti della storia del calcio. 

Javier Aldemar Zanetti, nato a Buenos Aires il 10 agosto del 1973, fa il suo esordio in Serie A il 27 agosto 1995 allo stadio San Siro di Milano contro il Vicenza.

In quella occasione indossa la maglia numero 4, un modello scelto praticamente a caso e che diventerà presto iconico. A distanza di venti anni infatti sarà ritirato per sempre dalla società nerazzurra in segno di gratitudine.

Da quella calda domenica di agosto la sua carriera diventerà un susseguirsi di successi individuali e collettivi. A proposito di ciò i numeri parlano chiaro, in 19 stagioni nella serie A ha accumulato 858 presenze complessive (arricchite da 21 gol) e 1100 presenze totali in tutte le competizioni italiane, europee e mondiali.  Zanetti con 145 presenze è anche terzo nella classifica dei calciatori più presenti con la casacca biancoceleste dell’Argentina.

Un’avventura sportiva incredibile, celebrata il 5 luglio 2023 a Fiesole in occasione della serata finale del XXVII Premio Internazionale Fair Play Menarini

Durante gli interventi dei campioni invitati a parlare sul palco del magnifico scenario dell’anfiteatro romano, il fuoriclasse argentino ha raccontato la sua storia personale articolata su due decenni, tutti vissuti al massimo livello. Con la fascia di capitano dell’Inter è riuscito a vincere cinque scudetti, tre Coppe Italia, un Mondiale per Club e una Champions League, un palmares d’eccezione.

Oltre ai trofei conquistati con il club e con la nazionale argentina, si è a guadagnato la stima e il riconoscimento del mondo del calcio, perché come capitano ha sempre guidato i compagni attraverso l’esempio, evidenziando una forte determinazione che non ha mai travalicato il rispetto delle regole.

Caratteristiche di leadership strettamente connesse al concetto di fair play, di cui è ancora oggi un simbolo oltreché un ambasciatore. La progressione che lo ha portato nei libri dei record dello sport però non è stata semplice, anzi, Javier Zanetti ha dovuto lavorare duro per raggiungere i traguardi che si era prefissato.

L’inizio del suo percorso non è stato facile, lo ha raccontato lui stesso ai microfoni del XXVII Premio Internazionale Fair Play Menarini. Ricevere un premio legato ai temi quali fair play e lealtà sportiva mi rende orgoglioso, sono due cose che hanno fatto parte della mia carriera, per me è un riconoscimento importante. Da bambino sognavo di diventare un calciatore. Dopo 3 anni di attività il mio allenatore mi ha detto che il mio fisico non era adatto per diventare un professionista. Allora ho iniziato a lavorare con mio padre che faceva il muratore e lì ho compreso tutti i sacrifici fatti dalla mia famiglia per non farmi mancare nulla. Sono cresciuto con quei valori di impegno e sacrificio”. 

Proprio la voglia di emergere senza scorciatoie e la cultura del lavoro, sono i due fattori alla base di un successo coltivato anno dopo anno, mettendo sempre al primo posto le esigenze della squadra piuttosto che la gloria personale.

Dal 2001 Javier e sua moglie Paula hanno creato la Fondazione Pupi (il soprannome che Zanetti si porta dietro fin dall’infanzia), una Onlus che aiuta bambini e adolescenti che vivono in condizioni di indigenza in Argentina. La coppia ha sviluppato un modello di intervento che agisce fin dalla prima infanzia e include i giovani con iniziative che promuovono le pari opportunità.

Il 2001 non è un anno casuale, perché è lo stesso in cui inizia la crisi economica argentina, un periodo esasperante per il popolo della nazione sudamericana che in alcuni casi si riversò nelle strade di importanti città, specialmente Buenos Aires.

Con il suo percorso fatto di duro lavoro e rispetto dell’altro sia nell’ambito sportivo che in quello personale, dunque, Javier Zanetti incarna a pieno il modello di correttezza, lealtà, impegno e sacrificio che il Premio Fair Play Menarini promuove orgogliosamente da oltre 25 anni.

2 risposte a “L’umile cultura del sacrificio del campione di calcio Javier Zanetti”

  1. Un campione di signorilità, É arrivato come uno come tanti. Piano piano senza far rumore, in mezzo a nomi altisonanti, è entrato nei cuori di tutti. È diventato il n4 capitan ZANETTI, per passare alla storia dell’Inter e del calcio internazionale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *