Menarini Pills of Art: Tondo Doni di Michelangiolo Buonarroti

Siamo a Firenze, nella Galleria degli Uffizi.
In questo video di Menarini Pills of Art, Bernardo Randelli, esperto di arte fiorentina, ci accompagna alla scoperta di una delle opere pittoriche più belle e rivoluzionarie di Michelangiolo Buonarroti: il Tondo Doni.

Il Tondo Doni di Michelangiolo Buonarroti

Questo dipinto, il cui titolo originale è Sacra famiglia con San Giovannino, è più comunemente noto come Tondo Doni, per la sua forma circolare e per il nome di Agnolo Doni, ricco mercante fiorentino che sposò Maddalena Strozzi nel 1503-1504. Siamo in pieno Rinascimento, in anni incredibilmente floridi per l’arte e la cultura e in un periodo che vedeva soggiornare a Firenze uomini come Leonardo, Raffaello e Michelangiolo appunto.

A testimonianza di questo periodo di massimo splendore, la stessa sala degli Uffizi che ospita il Tondo Doni, accoglie anche i ritratti di Doni e della sua sposa, dipinti da Raffaello nel 1505-1506.

L’opera, di formato circolare, stile in voga per gli arredi del periodo, evidenzia già dalla sua struttura la forte passione di Michelangiolo per l’arte scultorea. I soggetti, infatti, s’impongono con forza su tutto lo spazio dell’opera, come nei precedenti rilievi marmorei del Tondo Pitti (1503-04) e del Tondo Taddei (1504-06), con l’unica differenza che nel Tondo Doni ci troviamo di fronte all’unica testimonianza certa di un’opera di Michelangiolo a tempera su tavola.

Lo studio dell’essere umano è al centro dell’arte e delle riflessioni di Buonarroti e quest’opera ne è la dimostrazione: i soggetti sono tutti privati delle loro sembianze sacrali. Maria, rappresentata con corporatura muscolosa e a tratti mascolina, ha appoggiato un libro sulle gambe e si volta, pronta ad accogliere il suo bambino, intento a giocare con le ciocche dei suoi capelli, che le viene porto con delicatezza da Giuseppe, inginocchiato dietro di lei.

Dunque, non più santi, ma un padre, una madre e il loro bambino.
Toglie il fiato la dinamicità rappresentata da quest’opera, che pare quasi possa prendere vita da un momento all’altro: i soggetti in primo piano hanno un andamento serpentinato verso l’alto, in contrasto con l’orizzontalità delle figure sullo sfondo, appoggiate, sedute, ben ancorate a un piccolo muretto.

Questa scelta, di complessa interpretazione, è stata letta come una differenziazione tra l’umanità sacra e pagana, al cui centro si trova Giovanni Battista, che potrebbe essere ricondotto alla creazione del dipinto in occasione del battesimo della primogenita di Doni, Maria (1506).

Le linee e i volumi dei corpi sono un altro evidente segnale della passione di Michelangiolo per la scultura: i soggetti presentano tutti forme voluminose e plastiche, basti guardare il braccio muscoloso di Maria e gli ignudi sullo sfondo, interpretati come un rimando simbolico all’umanità pagana, in contrasto con la Sacra Famiglia in primo piano, che compendia il cristianesimo.

Una delle letture più accreditate del Tondo Doni interpreta la figura di San Giovannino, appoggiato oltre il muretto, che separa la Sacra Famiglia dagli ignudi, simboli del paganesimo, come legame tra il mondo pagano e il mondo cristiano.

Sembra possibile che Michelangiolo si sia ispirato, nelle forme voluminose e dinamiche, da ritrovamenti di sculture del periodo ellenistico effettuate all’inizio del Cinquecento, tra cui il Gruppo del Laocoonte (ritrovato nel 1506 nei pressi della Domus Aurea di Nerone) in cui si possono notare forti somiglianze con la figura coperta leggermente dalla spalla sinistra di Giuseppe.

La cornice del Tondo Doni venne disegnata da Buonarroti e realizzata da Francesco del Tasso, uno dei maggiori intagliatori dell’epoca. Vi troviamo raffigurate la testa di Cristo e quelle di quattro profeti, contornate da una cornice decorata finemente con temi floreali e in cui, in alto a sinistra, sono distinguibili quattro mezze lune, simbolo della famiglia Strozzi.

In quest’opera, Buonarroti riesce a unire le forme scultoree, voluminose e plastiche dei corpi alla delicatezza e morbidezza dei movimenti, sottraendo dal tradizionale contesto sacrale le figure di Maria, Giuseppe e Gesù, mostrandole umane, vere, vive, senza però fargli perdere la loro solennità.

La sconvolgente articolazione dello spazio prospettico, con il punto di fuga ribassato del piano di fondo con gli ignudi rispetto a quello di posa delle figure in primo piano, e l’impianto serpentinato della figura di Maria, sono considerati l’inizio del Manierismo.

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