La Tempesta e Madonna con Bambino e Santi di Giorgione

Giorgio Zorzi da Castelfranco, detto Giorgione (1478 – 1510 circa), è stato uno dei più importanti esponenti della scuola veneta, nonché una delle figure più misteriose di tutta la storia della pittura. Infatti si sa ben poco della sua biografia, l’attribuzione delle sue opere è complessa e perfino l’interpretazione dei dipinti è soggetta a numerosi dibattiti tra gli studiosi dell’arte. La sua attività nella scena pittorica veneziana copre un arco di circa dieci anni, ma ha lasciato un impatto profondo sulla pittura, avviandola verso la corrente artistica della “Maniera Moderna”.

In occasione dell’uscita della monografia su Giorgione scritta da Giovanni Carlo Federico Villa per la collana Volumi D’Arte di Menarini, lo storico dell’Arte Rinascimentale ci conduce alla scoperta dei dipinti di questo incredibile artista con due video del progetto Menarini Pills of Art: La Tempesta e La Madonna con Bambino e Santi.

 

La Tempesta

Un’aura di mistero circonda non solo la figura di Giorgione, ma anche una delle sue opere più celebri: La Tempesta, realizzata in olio su tela intorno al 1505. Il dipinto ritrae un paesaggio campestre, che rimanda alle campagne intorno a Padova, immerso nell’atmosfera plumbea che precede una tempesta. Sullo sfondo si distendono i profili degli edifici di una città, recanti gli stemmi di Padova e di Venezia e sovrastati dal cupo bagliore del primo fulmine. Un airone solitario sul tetto di una casa sembra osservare le nubi nere e foriere di pioggia.

In primo piano, un gruppo di rovine rimanda all’antichità e all’ineluttabilità del tempo che scorre.
Ai due lati della composizione troviamo due figure: nelle parole del collezionista Marcantonio Michiel (1484 – 1552) “una cingana e un soldato”, una zingara, raffigurata mentre allatta il suo bambino e lancia allo spettatore uno sguardo inquieto, e un soldato. Non è chiaro se ci sia una relazione tra i due personaggi, elemento che aggiunge mistero all’opera.

La tecnica pittorica di Giorgione viene definita “tonale” o “atmosferica”, e non a caso: nella Tempesta, l’uso del colore magistrale va a risaltare ogni dettaglio della scena, e l’intero dipinto sembra permeato dell’aria irrequieta, elettrica e immobile che precede i grandi temporali.

 

Madonna con Bambino e Santi

In questo dipinto dalle dimensioni ridotte, realizzato in olio su tavola intorno al 1505, troviamo una composizione perfettamente equilibrata. Sulla destra, la Madonna tiene il Bambino sulle ginocchia, mentre sulla sinistra possiamo vedere i Santi Giovanni Battista e Caterina d’Alessandria, identificata dalla ruota del martirio. Il centro del dipinto è rappresentato dal paesaggio collinare che si intravede oltre la finestra, e dall’esile croce astile retta da San Giovanni Battista, che preannuncia la crocifissione di Cristo sul Golgota.

Ancora una volta, la stesura del colore tono su tono, in velature sovrapposte, garantisce un effetto morbido e plastico che permette una fusione tra i soggetti e l’ambiente circostante, e va a definire forme e profondità spaziale con effetti di luci/ombre e profondità ottenuti senza l’uso del chiaroscuro, ma soltanto attraverso variazioni di colore. Questa tecnica aprirà la strada a maestri della pittura come Tiziano e Palma il Vecchio, e consacrerà la pittura veneta in tutta Europa per i secoli a venire.

Nonostante la sua morte precoce intorno ai 31-32 anni, avvenuta nell’autunno del 1510 a causa di un’epidemia di peste, Giorgione è riuscito ad avere un impatto duraturo e significativo sulla storia dell’arte, motivo per cui Menarini ha deciso di pubblicare la sua monografia come parte della collana Volumi D’Arte. Nelle parole di Giovanni Villa, autore del volume:

“Scrivere di Zorzi da Castelfranco, detto Giorgione, vuol dire affrontare uno degli artisti più iconici del Rinascimento europeo.

Scrivere di Giorgione significa trattare la leggenda che lo circonda, quella del pittore più paradossale e sfuggente del Cinquecento.

Scrivere di Giorgione è raccontare la Tempesta, uno dei dipinti più discussi ed enigmatici della storia dell’arte occidentale.

Scrivere di Giorgione per Menarini vuol dire proseguire un racconto lungo 65 anni, quello di monografie d’arte che rappresentano uno dei più bei momenti di scrittura per uno storico dell’arte, conscio di rivolgersi a lettori curiosi e in tanti cresciuti con i “Minuti” Menarini.”

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