Battesimo di Cristo del Verrocchio e Leonardo da Vinci

Ci troviamo a Firenze, nella Galleria degli Uffizi, dove Bernardo Randelli ci porta alla scoperta di un’opera di Andrea del Verrocchio, in cui compare la mano di un giovanissimo Leonardo da Vinci: Il Battesimo di Cristo.

Alla bottega del Verrocchio

Leonardo da Vinci ha appena 17 anni quando diventa allievo di Andrea del Verrocchio: pittore, scultore e orafo che in quegli anni gestiva una delle botteghe più importanti di Firenze. È proprio qui che si formarono maestri come Botticelli, Perugino e da Vinci, destinati a lasciare il segno nella storia della pittura.

La datazione del dipinto, a tempera e olio su tavola (177 x 151 cm), risale al 1470-1475 circa e viene commissionato al Verrocchio dal monastero vallombrosano di San Salvi. È in questo periodo che Leonardo mette mano al dipinto, su ordine del suo maestro. Era del resto usuale nel Quattrocento, che il capobottega ideasse l’opera, lasciando poi l’esecuzione di parti secondarie ad allievi e collaboratori.

L’opera rappresenta il battesimo di Gesù, compiuto da Giovanni Battista sulle rive del fiume Giordano, in Palestina. La composizione è strutturata in senso triangolare: la base è formata dai piedi del Battista e dell’angelo inginocchiato a sinistra che, con la sua posa rivolta di tre quarti verso lo spettatore, crea un senso rotatorio che culmina nel punto in cui la mano del Battista versa l’acqua sul capo di Gesù. In alto, la Colomba dello Spirito Santo, circondata dai raggi divini, viene inviata dal Dio Padre.

 

L’intervento di Leonardo

Sebbene l’opera sia stata realizzata “a più mani” – dal Verrocchio ed altri suoi allievi – ormai la critica è quasi unanime nel rintracciare in alcuni punti la mano di Leonardo.

Al giovane artista viene attribuita la figura dell’Angelo sull’estrema sinistra, che regge le vesti di Gesù. La rappresentazione è incantevole: i tratti del volto sono aggraziati e i boccoli, finemente definiti, sembrano dei fili d’oro. I panneggi della veste presentano diverse vibrazioni cromatiche, creando giochi di luci e ombre che fanno brillare il manto azzurro. 

Il corpo è in una posa ben definita, materica e articolata, ma al contempo naturale e dolce.

Gli studi odierni sono orientati a ritenere che Leonardo sia intervenuto anche nell’esecuzione del suggestivo paesaggio fluviale e della figura di Cristo.

Sullo sfondo, le acque limpide e cristalline del fiume Giordano, insieme al paesaggio sulla sinistra, sono specchio di uno spirito di osservazione e un’attenzione ai dettagli quasi maniacale da parte del pittore. Egli, infatti, sebbene fosse un uomo “senza lettere” – privo cioè di un’educazione che comprendesse lo studio delle opere degli Antichi, quindi del greco e del latino – credeva fortemente nel valore dell’esperienza e nello studio meticoloso della realtà in tutte le sue forme. In questo dipinto, infatti, è già evidente uno dei modi con cui Leonardo rivoluzionerà la pittura rinascimentale: la “prospettiva de’ perdimenti”, come la descrive lui stesso nel suo Trattato della Pittura. Questo particolare stile rappresentativo, conosciuto anche come “prospettiva aerea” o “sfumato”, riproduce l’effetto ottico del rarefarsi degli oggetti, dei colori e dell’atmosfera a causa della lontananza. Il paesaggio dell’opera, infatti, presenta dei tratti morbidi e velati, come se fosse avvolto da vapori intrisi di luce.

In ultimo, nella figura di Cristo realizzata dal giovane pittore è evidente l’attenzione e la cura con cui sono definite le mani, giunte in preghiera.

 

Quando l’allievo supera il maestro

L’intervento di Leonardo e la sua straordinaria maestria spiccano nell’opera e lasciano il suo maestro senza parole, tanto che lo storiografo Giorgio Vasari nel suo libro Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori racconta che Verrocchio, alla vista di ciò che aveva realizzato il suo giovane allievo, si avvilì: 

«[Per] Andrea del Verrocchio […che stava] faccendo una tavola dove San Giovanni battezzava Cristo, Leonardo lavorò un Angelo, che teneva alcune vesti; e benché fosse giovanetto, lo condusse di tal maniera che molto meglio de le figure d’Andrea stava l’Angelo di Leonardo. Il che fu cagione ch’Andrea mai più non volle toccar colori, sdegnatosi che un fanciullo ne sapesse più di lui.»

Questa narrazione è avvolta nella leggenda, infatti l’ipotesi che Verrocchio smise di dipingere si è poi rivelata falsa. Ciò che però è vero, è che Leonardo, poco più che adolescente, già rivelasse la potenza, la maestria e l’inquietudine del genio che presto sarebbe diventato.

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